martedì 6 novembre 2012

Democrazia 3.0

Ce l’hanno ripetuto a noia che votare è un diritto conquistato a caro prezzo, ed è pure un dovere. Ma votare è davvero utile? Può sembrare una domanda provocatoria, ma gente molto molto seria se l’è chiesta (qualcuno anche giungendo a conclusioni paradossali). E oggi è una delle questioni più attuali.

Cominciamo da un fatto: votare è oggi lo strumento principale attraverso il quale i cittadini si esprimono politicamente. Votare vuol dire scegliere da chi farsi rappresentare per prendere decisioni che condizionano la propria vita privata. In alcune epoche storiche l’impatto del pubblico sul privato è più dirompente che in altre, e la nostra è una di queste. Quindi votare è un'opportunità che non va presa alla leggera.

Eppure oggi tante persone dichiarano che voteranno scheda bianca o che non voteranno nemmeno. È un allarme che la politica non può trascurare, in primis nel suo interesse, perchè rischia di essere disarcionata. Qui però non mi preoccupo degli interessi degli eletti, ma di quelli degli elettori.

E allora, a quanti sono sfiduciati tanto da rinunciare passivamente al voto, per esempio perchè "tanto non cambierà niente", chiederei: hanno capito che questo lascerà che altri decidano per loro? Permetterebbero a qualcun altro di decidere in casa loro? È vero, un voto conta poco per una sola persona, ma conta di più se si pensa che vale per tutti quanti.

Ci sono anche quelli che scelgono il non-voto o il voto bianco come atto di protesta. L'idea è di lanciare un segnale di forte disapprovazione, che poi produca cambiamento. Si tratta di una scommessa affascinante ma estremamente rischiosa, una roulette russa con cinque proiettili in canna. È infatti improbabile che il numero di voti di protesta sia tale da rimettere in questione i risultati delle elezioni. Quindi in buona sostanza, chi è eletto è eletto e chi non ha votato non è rappresentato e non può lamentarsi. Insomma il gioco non vale la candela.

Il critico più smaliziato dirà che ho dato per scontato un’ipotesi: quella che votando, i cittadini possano scegliere fra i tanti il candidato migliore per loro. Avrebbe ragione: è un’ipotesi forte. In effetti, un cittadino si può presentare ai seggi senza avere la più pallida idea dei candidati o delle loro idee e votare senza la minima cognizione di causa. In pratica molte volte succede. Beh, questi elettori possono solo contare sulla loro fortuna. Può anche andare bene, ma se va male non va male solo per loro, ma per tutti quanti.

Quindi, è chiaro, per funzionare la democrazia ha bisogno non solo di elettori, ma di elettori informati. Torniamo indietro nel tempo, al giorno zero, quello in cui tutti per la prima volta hanno avuto il diritto di voto. Allora non tutti sapevano leggere e quindi facevano fatica ad accedere all’informazione. Non c’era la televisione o internet. E l’istruzione non era certo così diffusa come oggi. Bene, quella era la Democrazia 1.0, necessaria e primordiale.

Oggi è diverso: quasi tutti sappiamo leggere e scrivere, abbiamo accesso a ogni tipo di informazione e siamo molto più istruiti. Sulla carta è un enorme passo in avanti. Sembrerebbe allora che l’ipotesi che ho fatto sopra, cioè che quando tracciamo la croce nella cabina elettorale scegliamo per il meglio, sia corretta. È la Democrazia 2.0, quella delle opportunità.

Ma la rivoluzione democratica, cominciata con il suffragio universale, si realizzerà solo se coglieremo pienamente le opportunità che abbiamo già oggi. Informandoci. Non accontendoci delle opinioni di uno, ma cercando fatti e dati confermati da molti. Imparando quello che occorre per valutare meglio. E poi esprimendoci con il voto. Quello sarà l’inizio della Democrazia 3.0, quella reale.

Il bello è che questo primo passo dipende solo da noi. Certo, ci vorrà anche un meccanismo elettorale più efficace. Certo, dovremo ancora contare sulla competenza e sull’integrità di chi ci rappresenta. Ma comunque vada, non votare o votare il candidato sbagliato può fare dei danni, informarsi seriamente prima del voto no.

1 commento:

  1. A quanto pare per una volta sono arrivato "prima" dell'Economist ;-)

    http://www.economist.com/news/finance-and-economics/21566020-does-it-make-sense-vote-x-factor

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